Nella regolazione dell’Ipossia-Acidosi è fondamentale la risposta dell’organismo a stimoli ambientali quali:
- inquinamento;
- fattori di stress;
- alimentazione.
Regolazione dell’Ipossia-Acidosi
In questo processo entrano in gioco:
- aspetti che possiamo definire “costituzionali”;
- l’attività fisica[1],[2];
- una consapevolezza e congruenza psico-corporea che, a sua volta, viene influenzata, via feedback negativo, da agenti ipossico-acidificanti.
L’anidride carbonica (CO2), aumentando in circolo, promuove l’insorgere di un’emozione simile a quella che caratterizza il manifestarsi di attacchi di panico spontanei e va a coinvolgere le strutture biologiche di base dei disturbi di ansia[3]. Si tratta di un effetto secondario, da tenere in considerazione sia nell’ambito di una normale attività fisica, legata alla routine quotidiana, sia in ambito sportivo, laddove vengano svolti sforzi anaerobi prolungati o un esercizio fisico non adeguatamente sostenuto da un appropriato allenamento.
Tale fenomeno sembra essere correlato alla risposta primitiva all’Ipossia-Acidosi di una zona del cervello denominata nucleo del letto della stria terminale (BNST - Bed Nucleus of the Stria Terminalis), che attiva l’asse HPA (Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene) e la risposta allo stress acuto[4].
Diventa, quindi, fondamentale sia una buona ossigenazione sia un’ottimale perfusione muscolare e distrettuale, atta a impedire un ristagno locale di sostanze metaboliche che contribuiscono a un’acidificazione non auspicabile e a un malfunzionamento della respirazione cellulare.
Stress ossidativo, attività fisica e acidità
L’attività fisica contribuisce, in modo “naturale”, a diminuire l’acidità distrettuale-interstiziale attraverso un meccanismo semplice ed efficace, che evidenzia – se ce ne fosse ancora bisogno – quanto sia importante una buona idratazione[5], affinché l’acqua svolga le sue funzioni fondamentali dal punto di vista biochimico – e non solo).
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